“Perché la storia è di tutti, l’immortalità è di pochi. Ecco, credo che il talento possa cambiare il concetto di normalità.”
Ci siamo conosciuti durante il mio fine carriera calcistico, quando ancora mi involavo sulla fascia onorando la maglia numero 7. Perché Flavio Marelli, come sponsor, ha sempre riconosciuto l’importanza di sostenere le persone in quella intuizione sana ed illuminata di chi crede nel valore formativo ed educativo dello sport. Iniziamo la nostra chiacchierata supervisionati da Giulia Ramon che ci ascolta incuriosita e affascinata e andiamo al sodo confrontandoci prima di tutto sull’assunto che il talento è in ognuno di noi.
“Se vogliamo adottare una visione sociologicamente paternalistica della vita sono d’accordo. Se invece lo valutiamo per quello che può essere il senso stretto della parola, cioè quel qualcosa che ti fa uscire dalla storia e che ti rende immortale, allora no. Non credo che il talento sia in ognuno di noi. Perché la storia è di tutti, l’immortalità è di pochi. Ecco, credo che il talento possa cambiare il concetto di normalità.”
Giustamente Flavio considera il talento come quella scintilla in grado di rendere tutto straordinario. È la spettacolarizzazione stessa del talento che ce lo rende tale. Ma se per talento intendessimo quella predisposizione, quella passione quotidiana che ci permette di sognare indipendentemente dagli obiettivi raggiunti, cambierebbe il nostro punto di vista sul talento?
“Sono abituato a pretendere più del massimo da me stesso. Non sono uno che ne riconosce tanti di talenti. Io non penso di essere un talentuoso. Tanto che usando una metafora sportiva, penso di essere più un Ringhio Gattuso dell’imprenditoria che un Del Piero. Sono senz’altro uno che sa mettere insieme tanti elementi in una condivisione d’intenti vincente. Che sia un talento questo, non ne sarei così sicuro. I veri talenti sono quelli che lasciano un segno, che alzano l’asticella. Nel mio piccolo mi difendo. Diciamo che sono un buon incontrista.”
Flavio ha l’umiltà di chi tende a vedere più i difetti che i pregi in quella che definirei matura consapevolezza dei propri limiti. Ma essere un imprenditore di successo, riuscire nell’intento di mettere insieme una squadra vincente, fare ogni giorno scelte difficili in un momento difficile, condividere un progetto e condividerne gli stimoli, costruire e crescere una realtà come Anthea SpA (link), non è dimostrazione palese di talento? Possono esistere più talenti in grado di crearne uno di straordinario come quello che Flavio deve avere di fare impresa?
Su questo ci torneremo.
Ma è il tema e la passione per lo sport che mi interessano, così gli chiedo quanto siano importanti per la sua vita. “Non vorrei essere banale utilizzando le solite metafore sportive, ma in fondo non si è mai banali parlando di sport. Lo sport è una prestazione nello spazio e nel tempo. I luoghi di lavoro, la vita, le imprese, sono spazio e tempo. E lo sport ha quelle regole che ti permettono di vivere bene lo spazio e il tempo. Anche in maniera competitiva e sempre nei limiti del rispetto degli altri. Questi sono i concetti in cui credo. Perché ti aiutano a vivere meglio con te stesso e con gli altri. Lo sport è fondamentale. È fondamentale per imparare a vincere e imparare a perdere. Ma è proprio dalle sconfitte che costruiamo le più grandi vittorie.
È dalla metabolizzazione di ciò che non va che si scoprono limiti da oltrepassare, interessi nuovi e nuovi obiettivi.”
Sullo sport abbiamo grande sintonia amandolo proprio per quegli aspetti umani che lo fanno diventare metafora di vita per antonomasia. Perché lo sport riesce ad essere maestro di vita anche nelle condizioni peggiori. La storia di Bernardo Bernardini (link) che gareggia sapendo di arrivare ultimo, ma consapevole del valore di esserci contro tutto e tutti per essere con tutto e tutti, ne è un esempio lampante che mi piace sempre ricordare.
Ma di successo ne vogliamo parlare?
“Per me il successo è il primo punto della ripartenza. Chi fa il mio mestiere sa che c’è sempre un altro traguardo da raggiungere. Ma per me il successo è molto intimo. È una cosa che uno deve vivere con la propria coscienza e anche con la propria spiritualità. Viviamo in un mondo in cui la dimensione spirituale viene sempre sacrificata alla dimensione materiale. Quello che ho creato mi dà grande soddisfazione e mi fa stare bene. Forse, e proprio per questo, intimo e personale.”
Su queste parole che colpiscono per sensibilità e coerenza mi ha fatto immaginare come ci sia una dimensione umana molto più affascinante di quando i riflettori sono accesi. Cioè quando si spengono le luci, il sudore salato ci scende negli occhi, i crampi ai muscoli si fanno sentire, le botte iniziano a pulsare e possiamo ripercorrere con la mente i momenti appena trascorsi. Quello è il momento della consapevolezza dove riconosciamo gli errori e dove capiamo che avremmo potuto fare di meglio. Sempre e comunque.
Ottima prestazione Flavio. Ci vediamo in campo!