Nel film THE FOUNDER, si parla di perseveranza. Qualche altro fenomeno nato con la camicia parla di resilienza. La mia compagna di vita parla di patologia. In tempi in cui non bastava una frase per diventare fascisti si parlava di boia chi molla. Io so che se esistesse un Guiness dei Primati su questo tema, io non avrei rivali; ne sarei il vincitore per antonomasia. Perchè i 14 anni di insistente volontà di sviluppare un progetto imprenditoriale (ALTERA BRAND _link) hanno fatto di me il re dei looser, il principe dei perdenti, il maestro dei “ma dove cazzo vuoi andare”. Badate bene: non è ancora finita, e, finché avrò energia, rifiuto e vado avanti. Perchè, come disse il grande allenatore Vujadin Boskov, “la partita finisce quando arbitro fischia”.
Ma come si può sentirsi dei perdenti senza avere mai fallito?
La realtà dei fatti è che il limbo in cui mi trovo da una vita, mi ha permesso di riflettere sul tema dei talenti, sul tema della sconfitta e su quello del vittorioso raggiungimento degli obiettivi, scoprendo l’effimero significato del termine successo. Certo, dal punto di vista di chi ce l’ha fatta, c’è quella dolce arroganza di chi conosce i segreti del successo. Ma le variabili sono talmente tante da portare qualcuno nell’olimpo dei vincenti lasciando molteplici sofferenti perdenti nella pozza dell’ insuccesso, che eviterei di fare troppo i fenomeni. Infatti, come afferma Alessandro Russello Direttore di Corriere del Veneto, in questo periodo storico, culturale, economico, siamo in una porta girevole, dove tutto può cambiare per un semplice episodio. Basta un figlio che perde il lavoro, una gara non vinta, un pagamento non ricevuto, una pandemia mondiale (approposito) e tutto può cambiare inesorabilmente. Nel bene o nel male.
A volte giocare in serie A o non debuttare per un infortunio è un attimo. A volte una falsa partenza cambia le sorti della corsa. Molto spesso è il momento ad essere sbagliato, l’atteggiamento, i condizionamenti esterni, il carattere, l’arroganza, l’educazione famigliare.
Mi viene da pensare che l’umiltà del perdente non ha lo stesso valore dell’umiltà del vicente. Chi non ce l’ha fatta ha la consapevolezza di poter cambiare la sua dimensione in qualcosa di migliore, mentre, in genere, chi ha sempre vinto, difficilmente pensa di essere al di sopra delle proprie possibilità.
Ma la porta è girevole in entrambe le direzioni.
_Foto Luciano Cipullo