“Vorrei che il mondo mi conoscesse. Conoscesse la mia creatività. Il mio idolo? Sono io tra dieci anni. Ma tra dieci anni, sarò io fra venti e fra venti, sarò io fra trenta…”
Durante l’intervista Edoardo ha una finestra alle sue spalle, con cielo azzurro, nuvolette bianche da cartolina e colline verdi. Sembra che la vita gli abbia sorriso e che lui la ricambi con la consapevolezza di doverselo meritare quel sorriso. Come? lasciando un segno.
“Io penso al bisogno di esprimere la creatività. E nella mia continua ricerca ho la necessità di tradurre le emozioni in materia così da poter, attraverso questa, esprimere delle emozioni. Ed è proprio un mio bisogno quello di cercare la perfezione nell’imperfezione. Perchè io sono molto attratto dal contrasto delle cose. Sono attratto dalla bellezza dell’elemento di rottura. Forse è proprio in quello che riconosco la bellezza reale. E mi immagino il design in una casa completamente deformata, in un vaso rotto e ricostruito o colpito da un pugno. Come faccio con i miei vasi.”
Dai discorsi potreste immaginarvi un artista sofferente, smunto, con i denti ingialliti dal fumo e le mani screpolate dal lavoro artigianale. Invece Edoardo è un figo; capelli lunghi, barba incolta, spalle larghe. Ma considerati i discorsi sul contrasto, trovo interessante affrontare il tema con lui che mi ricorda un modello di Tom Ford, piuttosto che un piccolo e stravagante Toulouse Lautrec.
“Non mi è mai interessato prendere bei voti. Mi interessava invece vivere in maniera intensa, vedere posti nuovi, vivere il giorno, la notte. Amo il realismo e nello stesso modo credo nella spiritualità degli eventi. Ma la passione per tante cose può diventare dispersiva. Essere attirati dal mondo, dalla vita, dai sapori, dai posti, può diventare un problema e far perdere il focus in poche cose mirate e concrete. Ma forse è proprio la natura creativa a renderci così. Non credi?”
Lo chiede a me, che sono il re della dispersione e non posso che confermare. Essere passionali, avere voglia sempre di conoscere, di imparare, di amare, ci mette nella condizione di facili fuochi che ardono talmente tanto da spegnersi con la stessa solerzia. Ma non potrei immaginarmi diversamente. E non potrebbe essere diversamente.
Mi dice: “Capita anche a me di riconoscere il talento su certe persone. E sono proprio quelle le persone che mi stupiscono. Poi mi rendo conto che inizio a stupirmi poco, mentre vorrei che mi succedesse più spesso.”
Edoardo tocca un tema estremamente interessante che dimostra quanto sia fondamentale il valore dell’ascolto e della condivisione. Che lo sia per lui è palese. Tanto da lasciarmi parlare nelle mie lunghe digressioni sul tema. Così affronto il concetto dell’onestà intellettuale, mi dilungo sull’errore di giocare sempre a carte scoperte, approfondisco il discorso sulla credibilità e su tante cose che Edoardo ha la pazienza di ascoltare.
“Io sono fatto per la metropoli. Ho bisogno di continui stimoli. Che sia visitare una mostra, conoscere persone, vivere il momento, io devo trovare il mio equilibrio tra impegno e superficialità. Mi alimento di progetti e di spazi. Ma viaggiare per me è come sciacquarsi il viso a due mani con l’acqua gelida. Una botta di adrenalina, di ossigeno, di energia. Riuscire quindi ad unire progetti, viaggi e amore probabilmente è l’obiettivo al quale sto aspirando.”
Ora è a Pesaro. Ma aver vissuto a Madrid e in molti altre città del mondo lo fa scalpitare in quella continua ricerca di apprendere e di gustare ogni secondo della sua vita tra terrena adrenalina e spirituale insegnamento.
Gli chiedo qual’è il suo talento.
“Ho sempre pensato di dover preservare le mie idee. Ho sempre pensato di dover credere nelle mie idee. Mi piace pensare che siano queste a mostrare il mio talento. Spero siano proprio loro a parlare di me. In maniera positiva, ma anche in maniera negativa. Perchè noi siamo le nostre idee.”