Talent is in everyone
  • Home
  • WHO THE FUCK IS?
    Bejart

    Davide Librellotto: “La prima regola nella vita? Non ci sono regole. Ma fate presto a riconoscere il vostro talento!”

    Non proprio un perdente. Fino a prova contraria.

    ME, AM I

    L’importanza del ruolo nella nostra vita

  • INTERVIEW
    Bejart

    Maurizia Cacciatori: il talento di un capitano è per tutta la vita

    Bejart

    JAGO: “Le cose più grandi le hanno fatte le persone normali”

    Bejart

    Emanuele e Arianna Cappelli: mai vista una passione sfasata dal talento

    Fabio Zanino: un artista viaggiatore alla ricerca del flusso creativo

  • TALENT IS_SPORTIFY YOUR BUSINESS
  • Contact
  • Home
  • WHO THE FUCK IS?
    Bejart

    Davide Librellotto: “La prima regola nella vita? Non ci sono regole. Ma fate presto a riconoscere il vostro talento!”

    Non proprio un perdente. Fino a prova contraria.

    ME, AM I

    L’importanza del ruolo nella nostra vita

  • INTERVIEW
    Bejart

    Maurizia Cacciatori: il talento di un capitano è per tutta la vita

    Bejart

    JAGO: “Le cose più grandi le hanno fatte le persone normali”

    Bejart

    Emanuele e Arianna Cappelli: mai vista una passione sfasata dal talento

    Fabio Zanino: un artista viaggiatore alla ricerca del flusso creativo

  • TALENT IS_SPORTIFY YOUR BUSINESS
  • Contact
Talent is in everyone
No Result
View All Result

Diego Parassole: il talento? La capacità di vivere facendo qualcosa che ti piace

by Autore Davide Librellotto
8 Novembre 2021
Share on Facebookhttps://www.linkedin.com/in/davide-librellotto-a0ab327b/?originalSubdomain=it

Ci colleghiamo via skype e Diego Parassole, anche oltre lo schermo di un computer con lo sfondo quotidiano della sua casa, si presenta come siamo abituati a vederlo in televisione: un cartone animato dallo sguardo sottile, vivace, pronto a cogliere ed esprimere gli aspetti più singolari della vita.
E con la sua voce inconfondibile esordisce:

“Guarda che io ho solo difetti, non talenti.”

Rido e lo ascolto, con l’espressione ebete di chi lo ammira da molti anni come comico televisivo e che, nel flusso di questa intervista, non vuole perdersi nulla: autoironia e visione profonda, racconti di vita e momenti di rivelazione. Dalle prime battute intuisco che la sua estrema competenza e l’orientamento metodologico ci faranno da guida nella nostra chiacchierata, così limito l’empatia, mi preparo ad imparare cose nuove e introduco il tema del successo. Successo, secondo Diego, è una parola da maneggiare con cura, perché se la si interpreta come contrapposta al fallimento, si rischia di renderla unica chiave di lettura del talento di una persona.

Ci sono tanti fattori, mi spiega, che decretano il successo di un artista. In un’azienda, la qualità del prodotto non potrà garantire la riuscita del progetto, così per un comico, la bravura da sola non assicura il successo professionale.
“A Zelig (link) c’erano comici che erano più bravi di me, ma che hanno avuto meno successo. D’altra parte è stato vero anche il contrario.  Spesso era una questione di resa: alcuni erano bravi a improvvisare, a interagire col pubblico e il luogo ideale per loro era il teatro; altri invece erano abili a stare dentro ai tempi serrati e rigidi della televisione, e in un teatro il loro talento non si sarebbe espresso altrettanto bene”.
Il cabaret è stato per Diego un luogo per allenare il talento e anche una grande palestra di vita, dove mi confessa di aver imparato una lezione molto importante: possiamo stabilire tutti i parametri che vogliamo per dirci più o meno contenti del nostro successo, ma ci saranno sempre le situazioni, i fattori, i contesti a influire sulla riuscita. Ne sono un esempio quei pubblici ‘sbagliati’ davanti ai quali “mi sono dovuto esibire, anche se sapevo fin dall’inizio che la serata non avrebbe funzionato. Se avessi deciso da quelle esperienze che non sarei potuto diventare un comico di successo, avrei mollato subito dopo”.

Ma quindi qual è la misura del successo?
Siamo sicuri che siamo noi a deciderla e, soprattutto, in base a quali valori?
“Ci sono persone che esasperano il concetto di successo: si fanno fotografare a bordo piscina e, sullo sfondo, la Ferrari parcheggiata, pronti a crearsi obiettivi di successo economico ogni giorno più alti. E’ un’idea di successo legata all’edonismo puro, alimentata da un meccanismo del nostro cervello che, a ciclo continuo, cerca soddisfazioni sempre maggiori. Vuoi un’auto lunga quattro metri? Appena ce l’hai, ne vuoi una da quattro metri e mezzo e poi cinque e poi sette, finché non la parcheggi più. E allora la tua idea di successo si sposta sull’abilità di trovare o meno parcheggio. Si chiama ‘sistema della ricompensa’, o ‘della ricerca’ come ci insegnano oggi i neuroscienziati, che prendono ispirazione da Panksepp (link), padre di questo sapere.”

In effetti il successo non può diventare una dipendenza. E nemmeno la sua ricerca. Gli aspetti cognitivi, sociali e culturali che il mondo dei social trasmette quotidianamente sono molto lontani anche dal mio punto di vista e dal concetto fondamentale di gratificazione e di raggiungimento degli obiettivi. Ma nella giovane età credo che l’auto celebrazione, l’esaltazione personale, il bisogno di dimostrare agli altri sia una fase più che accettabile, anche per noi ‘matusa’, ormai troppo saggi per andarcene al bar, con la famosa auto da sette metri parcheggiata davanti.
“La domanda vera che dobbiamo porci è: qual è il valore che ci muove? Perché se è esclusivamente esterno, allora sei fregato. Quella sera che il pubblico è assonnato e non ride alle tue battute, quel giorno che Instagram cambia l’algoritmo e i tuoi post non ricevono like, ti senti un fallito e decreti il tuo insuccesso? Io lo collegherei, invece, alla ricerca di uno stato di benessere, che ha molto più a che fare con il percorso – e con i micro obiettivi intermedi – che ti porta a quell’obiettivo grande che desideri. Il mio successo a Zelig è stato cercato e sudato, ma quasi mi verrebbe da dire che più del palco, mi piacevano i momenti ‘di mezzo’, dove lavoravo duramente con gli autori sulla scrittura dei pezzi. Vivere immaginando quella felicità che ci siamo prefissati è un vivere nell’attesa. Mi viene in mente la canzone di Vecchioni su Alessandro il Grande: Ed il più grande conquistò nazione dopo nazione, e quando fu di fronte al mare si sentì un coglione, perché più in là non si poteva conquistare niente. E tanta strada per vedere un sole disperato, e sempre uguale e sempre come quando era partito.”

Sono colpito. Profondità, preparazione, cultura. Mi manca sapere il suo pensiero sul talento, e se ha riconosciuto il suo.
“Sono dell’idea che il talento non esista. Esaspero il concetto, ma credo che il talento vero non sia una predisposizione naturale, piuttosto sia la capacità di vivere facendo qualcosa che ti piace, accompagnata da un processo di apprendimento che non finisce mai. In questo percorso è importante conoscere i meccanismi della mente e capire come reagisce il cervello alle esperienze inaspettate, negative, fuori dal nostro controllo e che ci possono indurre a pensare che abbiamo fallito. Si chiama ‘negativity bias’ ed è la tendenza del cervello ad assimilare gli insuccessi in modo più potente rispetto ai successi. Il problema, la difficoltà da risolvere sono cibo per il cervello, che è strutturato per essere una perfetta macchina di ‘problem solving’. Ecco, se siamo consapevoli di come funzioniamo, possiamo evitare di reagire come molte persone, che vedono il bicchiere mezzo pieno e non si accorgono nemmeno della bottiglia che c’è dietro.”

Conoscenza per raggiungere la consapevolezza. Concentrazione per coltivare l’attenzione. Sono concetti che, durante la nostra chiacchierata, si sono svelati poco a poco e hanno tessuto, come fili rossi, il racconto della storia professionale e personale di Diego, che ha così generosamente condiviso con me e ora con voi. Un’ora e cinquanta di coaching su temi importanti che hanno l’obiettivo di creare equilibrio tra quello che siamo e quello che vorremmo essere. Non amo le citazioni, ma noto che sono una forma di passepartout.

Diego mi ha permesso di fare chiarezza sui motivi che mi spingono non tanto al raggiungimento di un obiettivo, ma a scoprire lo scopo che mi muove a voler lasciare un segno a tutti i costi su questo mondo.

Ringrazio di cuore Diego Parassole (link) per il suo tempo, Enrico Piacentini (link) per avermi fatto entrare nella sua rete di talenti straordinari tutti da scoprire, Sebastiano Zanolli (link) per essere spesso spunto di riflessione per me e per i miei interlocutori e Anna Pietribiasi (link) per il supporto professionale (la forma molto spesso è anche sostanza).

#talentisineveryone

 

Tags: ambientecabaretComicitàcomicoDavide LibrellottoDiego ParassoleneuroscienzaPankseppsuccessotalent is in everyonevaloriZelig
Previous Post

Stefano Lora: tradizione, passione sportiva ed eccellenza emotiva

Next Post

Mirco Pegoraro: costanza e resilienza con il valore del bello

Autore Davide Librellotto

Autore Davide Librellotto

Related Posts

Bejart
INTERVIEW

Maurizia Cacciatori: il talento di un capitano è per tutta la vita

22 Gennaio 2023
Bejart
INTERVIEW

JAGO: “Le cose più grandi le hanno fatte le persone normali”

8 Ottobre 2022
Bejart
INTERVIEW

Emanuele e Arianna Cappelli: mai vista una passione sfasata dal talento

15 Aprile 2022
INTERVIEW

Fabio Zanino: un artista viaggiatore alla ricerca del flusso creativo

21 Marzo 2022
INTERVIEW

Isotta Pelloso: l’intelligenza e il talento di riconoscere la bellezza

8 Marzo 2022
INTERVIEW

Tonino Lamborghini: il talento di un marchio che ha lasciato il segno

4 Febbraio 2022

©2020 Talent is in Everyone by Davide Librellotto

No Result
View All Result
  • Home
  • WHO THE FUCK IS?
  • INTERVIEW
  • TALENT IS_SPORTIFY YOUR BUSINESS
  • Contact

© 2020 Talent is in Everyon by Davide Librellotto