Questo è quello che mi disse Fabio Picco, istruttore di motocross, vedendomi girare in pista. Io ero a gas spalancato, ovviamente, ma quel commento mi rese fiero di me. Infatti, come dice bene Riccardo Facci, il talento è un atto estetico, e, nei mie limiti, avevo dimostrato la bellezza del gesto tecnico. Questa è una caratteristica che mi ha sempre contraddistinto in tutti gli sport che affronto, perchè la bellezza (non del soggetto ovviamente) è a scapito, addirittura, del risultato.
Amo il motocross. Quando iniziammo i primi allenamenti, la sensazione di staccare le gomme dal terreno per un volo di 30 centimetri, fu già un’impresa. Riuscire poi nell’impresa di volare per 6/7 metri ad un’età che ti ricorda la fragilità delle tue ossa, è un’impresa ancora più grande. E poi il rumore del motore due tempi. Quell’urlo stridulo a ripetizione. La terra dappertutto. Gli schizzi di melma sul viso sparati dal tassellato davanti a te. Quello stare in piedi sulle pedane per poi scendere sulla sella solo per aumentare la compressione della forcella in una piega con gamba tesa all’interno. È poesia. Una poesia che utilizza glutei, gambe, bicipiti, schiena, braccia, spalle e collo per esprimersi al meglio. Una passione che vive di adrenalina.