“Per me, il concetto del talento in ognuno di noi, è un’emerita stronzata”. Ed è su questo punto che inizia la nostra chiacchierata.
Con Enrico De Simone condividemmo l’esperienza dei Vespri Siciliani ad Agrigento durante i maxi processi nel lontano 1992. Io ero l’Ufficiale e lui la “burba”, ma, nonostante il darsi del lei, si creò un rapporto di grande amicizia dove i ruoli spesso si alternavano (soprattutto per quel fatto accaduto in armeria con la pistola Beretta.. ma questa è un’altra storia).
Fattostà che di Enrico mi colpì la sua mente brillante, la creatività nella scrittura e il suo humour noir. Riscoprirlo quasi vent’anni dopo, commerciale di prodotti per il bagno, mi ha fatto pensare ad un talento sprecato.
“Oggi stai intervistando il prototipo dello stronzo comune; il prototipo è quello. Perché quelle doti che mi riconosci, io non avrei mai saputo come utilizzarle.” E prosegue: “La mia visione è abbastanza serena. Probabilmente sarebbe interessante chiedersi cosa siamo qui a fare, ma forse sconfineremmo troppo nel filosofico. Ma ognuno di noi, nel suo viaggio in treno che fa, può essere più o meno spettatore. Ma non ho niente da recriminare perchè se non ci ho nemmeno provato, è perchè probabilmente quelle doti che tu mi riconosci non le avevo.”
Non vorrei mai trovarmi al bar, un giorno, a parlare dello scrittore che potevo essere
È sincero, è lucido, è cosciente. Per un attimo mi motiva talmente bene la sua idea, che le mie convinzioni vacillano.
“Siamo molto eterogenei. Diciamo che a livello fisico abbiamo superato tutti lo stato di primate, ma a livello coscienziale ci sono tanti stadi evolutivi diversi e qualcuno è davvero lontano da potergli definire un talento”.
A questo punto intervengo:
“Scusami Enrico. Ma ai tuoi figli, tu gli dici che il talento è in ognuno di noi o gli dici che potrebbero non aver nessun talento?”. Questo lo fa titubare anche se sposta il ragionamento sul fare quello che ci fa stare bene (e non è comunque la ricerca del talento?).
Ma è sul suo libro mai scritto che voglio insistere e sul fatto che forse i suoi studi tecnici non l’hanno aiutato nell’opportunità di costruirsi una vita più in linea con le sue caratteristiche. Cosí Enrico mi risponde:
“Faccio del mio meglio per essere obiettivo. Ma io non vorrei mai un domani trovarmi al bar per parlare dello scrittore che potevo essere, io vado al bar per stincarmi* e basta!”.
*credo significhi ubriacarsi.
Ridiamo perchè nonostante la visione del tema talento sembri essere divergente, ho la consapevolezza che la nostra cinica, realistica e obiettiva valutazione dei fatti della vita, non sia per niente lontana l’una dell’altra.
Conclude citandomi Henry Miller: “Quando ha scritto il Tropico del Cancro, anche se è uno stronzo ad aver scritto così perchè alla fine ha scritto ancora, che cosa ha detto nel romanzo: secondo me, il prototipo dello scrittore perfetto, è quello che non scrive.”
#talentisineveryone