#
Parlare con Maurizia Cacciatori è stato straordinariamente “normale”. Non perché i concetti trattati siano stati leggeri o espressi con superficialità, ma perché il confronto è stato vero, autentico, senza trucchi. Resto sempre colpito dalla qualità delle persone che sono riuscite a restare se stesse nonostante successo, notorietà e talenti smisurati.
Ma qual’è il talento di Maurizia?
“Sono una persona che riflette e pensa… pure troppo. Sempre attenta ai dettagli e con una profonda sensibilità che a volte può diventare perfino un difetto. Molto probabilmente però è stata l’empatia il mio più grande talento che mi ha permesso di saper gestire le emozioni e di proteggere il mio team, la mia famiglia e chi mi stava vicino. Ed è stata la pallavolo ad allenarmi su questa skill. Perchè quando hai a che fare con tante giocatrici, ognuna di loro con esigenze diverse, un carattere diverso, una cultura diversa, se non capisci e non riesci a metterti nei panni degli altri, senza giustificarle, diventa impossibile creare quell’equilibrio che secondo me appartiene ai vincenti. E per vincenti considero quelli che sanno gestire i momenti straordinari, ma anche i momenti di difficoltà.”
Maurizia durante il suo raccontarsi mi parla di passione, di determinazione, di volontà, di figli e in tutto quello che dice traspare la consapevolezza intelligente di chi non si prende troppo sul serio, facendo trasparire quella giusta capacità autocritica di prendersi in giro. Ma oggi è consulente per le aziendale, nelle scuole e nelle università condividendo le sue riflessioni puntuali e mai scontate con imprenditori, dipendenti, studenti.
“Nella aziende, durante i miei incontri, chiedo quali siano le loro passioni e molto spesso la risposta è disarmante, perchè abbinano la loro passione al portafogli. Credo sia un gravissimo errore. Io quando uscii di casa per giocare a pallavolo avevo poco meno di sedici anni e l’ultimo dei miei pensieri fu l’aspetto economico. È certo che ci fosse del talento abbinato al grande amore per il volley per essere richiesta come titolare in serie A. Però io sfruttai questo sport meraviglioso con la grande ambizione di vedere il mondo e conoscere le lingue. Oggi parlo Inglese, Francese e Spagnolo centrando il mio obiettivo. Ma lungi da me aver pensato al fattore economico per perseguire obiettivi e passione.”
Ha ragione. E personalmente tutte le scelte che ho fatto nella mia vita in funzione del denaro non si sono mai rivelate né vincenti né azzeccate. Ma a onor del vero dobbiamo dire che nel settore sport probabilmente è più facile che la componente passione sia slegata dalla componente economica, mentre nel lavoro è proprio il parametro economico che determina valori e successo. Ma lo spunto di riflessione di Maurizia è molto chiaro. Partiamo dalle passioni per scegliere meglio quale sia lo “strumento” professionale o sportivo capace di accontentarle. Io aggiungo riconosciamo il nostro talento partendo proprio dalle passioni visto che molto spesso coincidono.
“Vedo il talento come un dono. Ma nello sport non puoi parlare di talento se non conosci i valori del sacrificio”.
Le chiedo se, nonostante tutto, ha qualcosa da recriminare dalla sua vita sportiva:
“Non ti porti mai a casa tutto, nella vita in generale. Ma dallo sport mi sono portata a casa valori e un’eredità pazzeschi. Saper collaborare, saper dare coraggio, saper chiedere aiuto, saper chiedere ‘come stai’ magari ad una collega che non sopporti, mi ha fatto capire che quel senso di appartenenza ha sempre valso più di qualsiasi medaglia al collo. Quindi sono convinta di aver ricevuto molto di più di quello che ho dato e che ho vinto. Perchè ho davvero vinto tanto e non me ne rendevo conto perchè sempre concentrata sugli obiettivi. Mentre poi, quando chiudi quel ciclo, ti rendi conto di tutto e ne prendi consapevolezza“.
Le chiedo dopo com’è stato. Dopo aver chiuso con la straordinaria carriera agonistica.
“Dopo è stato molto bello. Sono sempre stata consapevole fin da ragazzina che la vita è fatta di cicli che bisogna saper aprire e chiudere. E avevo l’esigenza di voler investire anche nella mia vita privata tanto da decidere di chiudere all’apice della mia carriera vincendo la mia ultima Champions. Ora, come madre e come consulente, porto la mia esperienza alle mie figlie e nel mondo delle aziende che non è molto lontano dalla realtà in cui ho vissuto per tanto tempo. Con loro parlo di resilianza, di collaborazione vera, di team. Ogni azienda infatti che sa riconoscere il limite dei battitori liberi ha una marcia in più. Ed è quello che ho sempre saputo vivendo in un gruppo che condivideva sconfitte e vittorie.”
Consapevolezza. Coscienza. Valori. Umanità. Ecco gli aspetti che le riconosco durante la nostra chiacchierata. Ma non c’è mai l’ombra di chi vuole insegnare qualcosa a qualcuno. Lei pone delle riflessioni profonde dettate dall’esperienza senza diventare mai né arrogante, né saccente.
Chiudo chiedendole com’è stato essere la capitana della Nazionale e come fu scelta.
“Sono stata capitana subito nella Nazionale juniores under 18. Ma la grande soddisfazione fu quando arrivai in Nazionale con Julio Velasco (link) che venni nominata capitano proprio dalle mie compagne di squadra. E fu in quel momento che mi resi conto della grande responsabilità che mi avrebbe accompagnato per tutta la mia carriera sportiva”.
La leadership e il carisma che emana Maurizia vanno oltre lo schermo che ci separa e mi arriva tutto. Mi conquista la sua semplicità, riconoscendole una forza contagiosa che forse nemmeno lei si riconosce.
“Abbiamo appena vissuto una pandemia e ora stiamo affrontando una guerra che ci tocca da vicino e stiamo imparando a nostre spese di dover essere pronti a tutto. Io sono una persona molto ottimista e voglio cercare il meglio su tutto, anche se di buono c’è poco. Quindi credo che la grande capacità di una persona sia quella di mettersi in gioco continuamente. In fondo, come nella pallavolo dove non puoi fermare il pallone altrimenti l’arbitro fischia, anche nella vita, non abbiamo il diritto di fermarci.”
Grazie capitano.