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Sono per la prima volta emozionato e agitato nel confrontarmi con un talento fuori scala come JAGO (link). Dopo averlo intervistato ho visto la sua mostra due volte a Palazzo Bonaparte a Roma. Una location che sembrava essere nata per ospitare le sue opere. La pietà di JAGO si collocava al centro di due grandi finestre con l’Altare della Patria che ne faceva da sfondo. Un’esperienza incredibile che ho vissuto ripercorrendo nella mente i passaggi della nostra chiacchierata.
Un paio di giorni fa un amico mi ha scritto un messaggio: “Ho visto il documentario su JAGO di ITsART*. Da fruitore dell’arte sia classica che contemporanea non so se quel che fa sia originale oppure un grande bluff“.
Gli ho scritto che avrei risposto con questa mia intervista.
Mi rivolgo a JAGO chiedendogli in maniera retorica se si rende conto della sua dimensione artistica e se nonostante il successo e la grandezza del suo personaggio che ha più della Rock Star che dello scultore (*JAGO_THE ROCKSTAR_link) lui riesca a mantenere una lucidità umana.
“Quello che mi dici mi suona estraneo. Sento di essere sempre la stessa persona che non ha raggiunto e ottenuto nulla. Penso che quando finisci di realizzare qualcosa, non importa quanto grande sia, è finita. L’unica cosa che conta per me è il viaggio durante il quale imparo delle cose e miglioro. La percezione che ho nel momento stesso in cui mi poni la domanda è la percezione di una persona che ha iniziato adesso a fare le cose che deve fare”.
“Io sono mosso da un’ambizione enorme che però è la versione operativa
dell’amor proprio. Nient’altro.”
Per lui è stata senz’altro una domanda banale che nemmeno lo riguarda. Ma la risposta è un macigno di umiltà che credo debba risuonare nella testa dei comuni mortali che la perdono per molto meno. Io compreso.
Ed è quasi scontata la sua reazione alla domanda di quale sia il suo talento. Scontata la reazione, non la risposta.
“Talenti era il nome che veniva dato ai soldi, quindi una cosa materiale con un peso specifico. Dipende da quello che ci fai con il talento. Se tu riconosci di avere un valore, che sia economico, che sia di predisposizione naturale, puoi fare tre cose come recita la parabola dei talenti. O li metti sotto terra e non produci niente, o li spendi e ci compri qualcosa ma una volta che li hai spesi non ti resta nulla, oppure li investi. Ecco. Se ho un talento mi occupo di investimenti e se mi riconosco una capacità mi dedico totalmente a quella per svilupparla. Quindi io faccio l’investitore. ”
Mi piace questa definizione. “Che fai nella vita?” “Sono un investitore di me stesso”.
Ma cosa fa qualsiasi investitore prima di investire i suoi soldi? Valuta se ne vale la pena. Quindi per valerne la pena di investire su noi stessi, sui nostri talenti, dobbiamo avere la capacità analitica e obiettiva di capire quali siano, riconoscerli, coltivarli ed esaltarli.
Introduco il tema del successo mentre penso che ad un’altra età sarei andato ad aspirargli la polvere di marmo dai vestiti con contratto di solo alloggio.
“Successo rispetto a cosa. Io non me ne preoccupo. A me interessa il momento che vivo. Successo è una parola ambigua per certi versi. Se per successo intendiamo il riconoscimento che ci viene dall’esterno, è una cosa che purtroppo non porterà mai ad un appagamento totale. Poi c’è il successo personale che tu riconosci a te stesso che secondo me vale molto di più senza un necessario termine di paragone esterno. A quel punto siamo noi il nostro termine di paragone.”
Gli chiedo quindi quanto conta il giudizio da parte degli altri.
“La risposta degli altri non conta nulla. O meglio, conta da un punto di vista tecnico. Ma io cerco di non farmi condizionare dalle cose che mi arrivano dall’esterno perchè la critica, il giudizio sono un problema degli altri, non mio. Decido io se voglio farmi condizionare o meno. Dal punto di vista imprenditoriale, una cosa saggia da fare per esempio, è quella di evitare di raccontare troppo delle cose che si fanno perchè gli altri prima di tutto non hanno nessun diritto di essere coinvolti in questa cosa e subito dopo si sentono chiamati in causa diventando giudici senza senso e inziando a dare consigli e suggerimenti. Tutto questo è energia che ti viene buttata addosso condizionandoti sfavorevolmente. Quindi uno se deve fare i cazzi propri (quest’ultima parte da leggere con cadenza ciociara doc, rende l’idea). Fare le cose e mostrarle quando sono fatte.”
Spero che mia madre non legga quest’ultima frase, perchè me l’avrà ripetuta migliaia di volte. Molto spesso si ha voglia di condividere l’entusiasmo di un percorso appena iniziato, di una nuova idea, di un progetto, subendo inesorabilmente un attacco, anche in buona fede, di energia scomposta che troppo spesso finisce per dilaniare o perlomeno sminuire sogni, speranze e aspettative.
Chiedo come vive l’insuccesso, il fallimento.
“Sono la cosa più bella che ti può capitare nella vita. Tutto è rischioso. Anche durante questa nostra chiacchierata ho aggiustato il tiro più volte. Ho imparato ad accogliere l’errore, l’insuccesso…ma più che insuccesso che per usarlo dovremmo avere chiaro il significato di successo, è il fallimento ad essere un’opportunità. La nostra vita, l’apprendimento passa per il fallimento. Si cade e ci si rialza.”
E la paura? Gli racconto di come la mia vita alterni periodi governati dalla paura a momenti dove la paura è solo una forma di tutela non condizionante.
“Le paure ci vengono molto spesso proiettate addosso dall’esterno. Noi dobbiamo essere in grado di scardinare questo processo. Noi ci stratifichiamo e poi le proiettiamo sugli altri, sul nostro partner, sui figli, sugli amici. Quindi dobbiamo scegliere cosa vogliamo essere. Quando proiettiamo una paura è perchè ce la stiamo immaginando. Per me è più spaventoso, più pauroso non fare una cosa. Il tema è: paura reale contro paura immaginaria. Io tifo per la paura reale per non rinunciare mai a fare le cose.”
A questo punto racconto un pò di me, rifletto con lui sull’importanza dell’opportunità che mi sta dando, del valore di fare un piccolo progetto sul talento senza un obiettivo chiaro, ma sono con la consapevolezza che l’arricchimento che ne deriva è inestimabile, e JAGO aggiunge:
“Questo momento è un arricchimento culturale. Al contrario, io che ci guadagno? Io nel momento in cui tu mi fai una domanda mi devo sforzare per trovare una risposta dentro di me. Tant’è che io sto aggiungendo delle cose in questo momento. Oggi, dopo questa intervista io avrò aggiunto delle riflessioni, dei momenti. Io voglio passare la vita a fare questo, ad arricchirmi in questo modo. Quando le persone dicono “io non so che cosa fare”, la risposta è “inizia a fare”. Perchè al mondo non gliene frega nulla di chi sei. Anche con le mie opere io non ho la presunzione di dire che attraverso le mie opere tu puoi capire qualcosa. Figurati.
Io le faccio per capire.”
JAGO è come l’arte che mostra. Sembra facile, comprensibile, alla portata di tutti. Comunica senza farti sentire stupido. Dice cose. Ci fa riflettere senza giudicarci. Ci mette nella condizione di capire.
Un messaggio estremamente profondo, senza imposizioni. Perchè la scultura per JAGO è una sublime capacità tecnica che usa come strumento per dirci qualcosa.
Mentre il bluff siamo noi che lo giudichiamo.
#talentisineveryone