“Quanta gente sa disegnare, e quanta gente è un artista?”
L’esordio alla chiacchierata con Gianmarco Chieregato (link) è caratterizzato dai miei doverosi complimenti ad un maestro della fotografia che ha saputo realizzare scatti sensibili dalla straordinaria sobrietà stilistica (questo il mio modesto parere da esteta e da tecnico, visti i miei quindici anni di direttore artistico). E Gianmarco, da persona posata e sensibile, mi ringrazia così:
“I complimenti fanno bene. Fotografare è un grande sollazzo dell’anima. Quando un hobby, una passione diventa una professione sicuramente è una gran fortuna.”
La “fortuna” di vivere facendo quello che ci piace, aggiungo io, è l’unica ricerca strategica che si può consigliare ai giovani, ma anche a chi, ad un certo punto della vita, ha la possibilità, il coraggio e la volontà di voler essere felice.
Arrivati subito al dunque e scherzato sul fatto che il suo talento sia la voce, aggiunge:
“È inutile che ci giro intorno; penso di avere un talento per la fotografia, ma più che un talento, ho sempre avuto un grande amore che mi ha portato ad ottenere dei risultati. Dietro a questo grande amore c’è anche tanta gioia e anche tanta sofferenza. Sofferenza perchè mi sono massacrato interiormente mettendo in discussione il mio lavoro. Tutto questo fa parte del processo creativo sicuramente, tant’è che si fa un gran parlare dei giovani, ma sono convinto che la vecchiaia non sia anagrafica. Uno infatti può essere vecchio a vent’anni e giovane a 90. La leggerezza dovrebbe essere una grande componente nella vita di una persona che si trova a fare un lavoro creativo.”
Confermo che la voce e la qualità dei contenuti nei suoi discorsi mi mettono una gran pace interiore. Quindi evito di interromperlo, convinto anch’io, come lui, dell’importanza di saper ascoltare e del fatto che le esperienze di vita siano l’unica cosa che il tempo fa diventare un valore aggiunto.
“La mia non è falsa modestia, ma noi che lavoriamo nel mondo della moda, della creatività, possiamo definirci dei buoni artigiani. Credo che reputarsi artisti e dircelo da soli sia una grande botta di presunzione, perchè questo te lo devono riconoscere gli altri. Quando sento i cantanti, anche giovani che si definiscono artisti mi viene da sorridere, perchè è una parola che dovrebbe essere enormemente rispettata. È come se facessi il Prete; non è che sei Santo!”.
Mi piace da morire questa sua capacità narrativa seria e impeccabile, interrotta qua e la dal sarcasmo ricercato e pungente classico della capitale. E così continuo ad ascoltarlo con nel volto un leggero sorriso compiaciuto e appagato da quello che sto imparando.
“Io ho fatto Architettura, poi ho sempre fatto il fotografo e mi è andata bene. Per me infatti non era un lavoro. Era come se giocassi. Non l’associo alla fatica. Questa è la grande fortuna. Se fai un lavoro che ti piace, non senti la routine. Ovviamente c’è il rovescio della medaglia. Il fatto di lavorare a certi livelli e con certi ritmi ti mette nella condizione di scoprirti ad un certo punto commercializzato e giudicato per essere un fotografo che realizza un prodotto popolare. Quindi il rischio è passare da sofisticato a troppo poco sofisticato. Se fai la moda non sei più un ritrattista. Mi hanno etichettato l’una e l’altra cosa, continuamente. Io credo proprio siano solo punti di vista e che si debba avere la decenza di riconoscere la qualità del prodotto, qualsiasi esso sia.
Ecco; uno pensa che con 200 ritratti, tra i quali Valeria Golino, Bill Murray, Daniel Day-Lewis, Nanni Moretti, Laura Pausini e molti altri, si possa abbassare la guardia e smetterla di dover difendere la propria professionalità dal giudizio superficiale del mondo, ma comprendo, a malincuore, che questa battaglia non finisce mai.
Gli chiedo allora, cosa significa il successo e se si è reso conto di averlo raggiunto.
“Quando va tutto bene, un pò supponente ci diventi. Perchè pensi che sia scontato diventarlo. Quando poi qualcosa cambia subentra la paura di non tornare più ai livelli di un tempo. Nel cinema per esempio capita spesso. Soprattutto per gli attori maschili. C’è stato il periodo in cui era tutto Servillo. Poi tutto Mastandrea. Poi tutto Accorsi. E adesso tutto Favino. Magari fra due anni ci sarà un altro. È una cosa stranissima su cui rifletto tante volte. Poi, come diceva la mia vecchia insegnante delle medie, “la cultura è l’unica cosa che non te leva nessuno”. E conclude, carico di un’energia che gli deriva dallo spirito che lo alimenta quotidianamente:
“Ma mi chiedo vista la fragilità del momento: Perchè non godiamo di quello che abbiamo costruito? Se posso darti un consiglio, trovati un team e condividi il lavoro con persone con le quali stai bene. Così facendo, trasformerai quel momento in una situazione di convivio, di piacere. Almeno quando passerà quel lavoro, le sensazioni che avrai provato ti rimarranno per sempre.”
Nel film THE BIG KAHUNA il monologo finale dice: “Sii cauto nell’accettare consigli, ma sii paziente con chi li dispensa. I consigli sono una forma di nostalgia. Dispensarli è un modo di ripescare il passato dal dimenticatoio, ripulirlo, passare la vernice sulle parti più brutte e riciclarlo di più di quel che valga. Ma accetta il consiglio, per questa volta.”
E io lo farò. Grazie del consiglio Gianmarco. È stato un vero piacere ascoltarti.