“Sognare in grande non fa mai male. Ma la componente psicologica è fondamentale. E io ce l’ho sempre avuta fortissima.”
La prima volta che ebbi a che fare con Franco, fu indirettamente e via Facebook scontrandoci sulla nuova filosofia di rilancio della manifestazione Motor Show di Bologna.
La seconda occasione fu sicuramente più piacevole, visto che condividevamo in casa dell’amico comune Riccardo Facci, una piscina e un calice di Franciacorta. Quindi i nostri dissapori vennero immediatamente ripianati divagando su temi sicuramente più consoni alla situazione: donne e motori.
Sentire Franco e Riccardo (che lo chiama Zio visto il rapporto di amicizia straordinario che li lega) che parlano di Rally, è veramente coinvolgente. Soprattutto perchè anche nei racconti, sono a gas spalancato, come l’intensità della loro passione condivisa.
Perfino l’intervista ha avuto un tempo da gara: 26 minuti e 08 secondi. Veloce, intensa, precisa e puntuale.
“Tu sai che sei in grado di fare qualcosa che ti porta a raggiungere l’obiettivo. Si tratta sempre di resettare e ripartire per recuperare il gap accumulato. Se tu riesci a ripartire da dove ti eri arenato un attimo, questo ti porta a rimontare. Anche le rimonte famose che mi hanno fatto avere il soprannome di Jimmy il fenomeno, dimostrano quanto sotto stress io rendessi tantissimo. Sbagliavo meno. Ero più concentrato. Ero più determinato.”
Mi piace questa visione dell’importanza di saper reagire alle avversità facendo uscire il meglio di noi. È certo che faccia parte del carattere, ma visto e considerato che prima o poi tutti dobbiamo fare i conti con imprevisti più o meno gravi, credo sia importante imparare ad avere il giusto “spunto di reazione“.
Gli chiedo del suo talento, nello sport e nella vita quotidiana.
“Il talento è un fatto di fantasia e creatività secondo me. Ma uno dei miei talenti è sempre stato quello di avere un ottimo apprendimento guardando gli altri e cercando di fare meglio. Mi sono anche reso antipatico per questo, con amici, conoscenti e colleghi, perchè vedevo che facevano qualcosa e io volevo farla meglio. Ma questo mi ha permesso in maniera autodidatta di imparare tanto dagli altri, cercando sempre di essere più bravo. Ecco, qui subentra sicuramente la determinazione di voler raggiungere a tutti i costi il proprio obiettivo.”
Gli chiedo se questo l’ha aiutato anche fuori dal motorsport.
“Chi fa il professionista nello sport vive in una bolla, in giro per il mondo per dieci, undici mesi all’anno tra alberghi e ristoranti. Poi quando smetti torni ad essere uno qualsiasi e fai una fatica bestiale a relazionarti con la quotidianità. Io ho scoperto cos’era una famiglia a 55 anni. Ma un professionista dello sport, indipendentemente dalle difficoltà, sa essere prudente e sa reinventarsi con la stessa tenacia e determinazione.”
Mi rendo conto di come possa sentirsi una persona come lui e come si possano sentire tutti quelli che hanno vissuto “il sogno”. Sembra quasi che le loro vite straordinarie passino da una velocità di crociera di 250Km/h a una dignitosa ma ridotta velocità di 70km/h. E gli riporto l’esempio di Mimmo Schiattarella tra recriminazioni e irriconoscenza ai risultati ottenuti.
“Quando sei li, l’asticella la vuoi sempre alzare. Io Mimmo Schiattarella lo conosco bene, è un amico, e lui non ha avuto fortuna con la sua opportunità di arrivare in F1. Anche perchè in America era veramente forte, era molto famoso e vinceva spesso. E leggendo la tua intervista lo capisco perfettamente. Lo comprendo in pieno. Perchè tutti noi sportivi abbiamo questa insoddisfazione perenne.
Io ho fatto 350 gare e ho circa 70 vittorie. Ho avuto quindi 70 momenti per gioieri, ma anche 280 delusioni. Per questo motivo io mi sento un perdente. Ma mi sento così perchè mi piace avere lo stimolo di voler recuperare per tornare ad essere un vincente. Dentro di me so di non essere un perdente. Infatti quando ancora oggi metto il casco per una prova speciale so che darò il massimo e che qualcosa porterò a casa.”
Gli chiedo quanto conta il successo.
“Il successo è tutto. Crea la carriera, consolida il lavoro, aumenta il benessere. Se non ce l’hai non vai da nessuna parte. Il talento e il successo dovrebbero andare di pari passo. Ma non è sempre così. Quindi credo che ognuno di noi debba coltivare il proprio talento. Anche ai miei figli, cerco di assecondare le loro intuizioni.”
Concludo chiedendogli se il suo talento e la sua passione per i motori sono stati supportati dalla famiglia e da chi gli stava vicino.
“Ho avuto una vita un pò complicata. Sono stato mandato molto giovane in collegio e mi sono sentito in qualche maniera abbandonato dalla mia famiglia alla quale sono restato sempre molto legato. Tanto che li chiamavo tutti i giorni, ancora quando c’erano le cabine a gettoni. Però quando a diciott’anni dissi che andavo a correre in macchina, non ho avuto il loro supporto economico. Ricordo che mi dissero che da loro avrei sempre trovato un piatto per mangiare e un posto per dormire. Così dovetti arrangiarmi da solo. Ricordo che partii con la mia A112 con solo le gomme da gara e la tenda sul tetto, da Vicenza fino a Cefalù. Solo la fortuna di avere un gran talento mi permise di vincere tutte le prime sette gare del Trofeo A112 Abarth che disputai nel 1979. E la FIAT a quel punto mi prese e vidi finalmente il mio primo stipendio.”
Ecco: questo è ciò che lo rende un vero fenomeno. Lui è la dimostrazione che il talento abbinato alla determinazione e all’umiltà di imparare dagli altri, sono caratteristiche che riescono a sconfiggere anche le condizioni più difficili.
Franco sembra una persona severa, imbronciata. In realtà, come si vede dalla foto che ho scelto per rappresentarlo, è una persona straordinaria con una barriera sempre alzata a protezione della sua timidezza. È stato un vero piacere approfondire la nostra conoscenza.
Concludo permettendomi di usare una metafora sportiva che tanto m’aggrada per mandargli un messaggio:
“Caro Franco. Non smettere mai di tenere giù il pedale. La strada è lunga e si affronta comunque un chilometro alla volta. È il momento di far partire la tua ennesima rimonta. Anche senza casco.”