“Per me il talento è proporzionale all’impegno. Il talento è una cosa innata. Ognuno di noi ce l’ha. Ma bisogna riconoscerlo. Nel mio caso la ricerca è stata lunghissima scoprendone continuamente di nuovi e mettendone in discussioni altri che pensavo erroneamente di avere”.
Nel tempo il tatuaggio ha perso la valenza simbolica che dovrebbe avere, ma esistono professionisti in grado di difendere l’arte che lo rappresenta e che meritano la nostra pelle e la nostra sofferenza. Uno di questi è Giovanni Speranza (link). Un vero e proprio fenomeno del nostro tempo. Una mano straordinaria con l’abilità nel giocare sui pieni e sui vuoti, nel dosare le sfumature, nell’amalgamare i vari soggetti.
“Alla fine ho raccontato me stesso, nel tatuaggio che ti ho realizzato”
Quando ci incontrammo non fu facile trovare l’accordo tra due creativi. Ma la stima reciproca ebbe la meglio: per 72 ore (a sedute da 6 ore l’una) i suoi aghi batterono il mio corpo. E oggi posso dire con orgoglio di indossare uno dei suoi primi capolavori.
Era all’inizio della sua carriera quando ci conoscemmo e rimasi colpito dal suo approccio pragmatico e dalla sua cultura artistica.
“Il mio talento non è quello di saper disegnare. La mia manualità può essere simile a tanti, ma la mia capacità di dedicarci tempo, anima e corpo, probabilmente è il talento che la supporta. Io per un disegno su un A4 sono arrivato a dedicarci anche 50 ore. L’arte può anche sintetizzare, è vero, ma lo può fare dopo essere stata in grado di realizzare opere complesse. Che poi il talento, come quello di tatuare, è una forma di comunicazione.”
Comunicare. Questa è la grande verità. In ogni cosa che facciamo, in ogni cosa che diciamo, in ogni cosa che ci tatuiamo, abbiamo la grande e irrefrenabile esigenza di comunicare agli altri qualcosa. Che sia “tanto LOVE” o un “grande VAFFANCULO”, sempre qualcosa di sentito vogliamo trasmettere.
“Il tatuaggio fa parte di un movimento. Perchè ha un significato e funge da comunicazione diretta. Ma il risultato di un tatuaggio è l’unione di più talenti. È il frutto di un connubio, soprattutto quando esiste una cultura del bello. Quindi l’opera finale riesce a comunicare bellezza quando dietro a questa c’è un significato profondo. È come guardare un’opera di Marcel Duchamp senza averla studiata. Conoscendola prende tutto un altro significato. Anche il tatuaggio va studiato, va capito. Io senza un committente con una visione, non potrei realizzare quello che riesco a realizzare.”
La cultura del bello. Quando penso alla frase “la bellezza salverà il mondo” penso sempre all’importanza di tutti quei gesti, quei risultati, quelle scelte, quei valori che portano alla bellezza e di quanto ce ne sia un gran bisogno.
“Ricordo ad una mostra. C’era un’opera di Van Gogh e un’opera del Caravaggio. Davanti all’opera di Van Gogh ci saranno state cento persone. Davanti all’opera del Caravaggio 10. Questo per me era un sacrilegio, perchè io quando vedo un Caravaggio, mi commuovo. Ma capisco la diversa forma di comunicazione. Capisco che Van Gogh per la maggior parte delle persone sia più rassicurante rispetto ad un’immagine tetra, di corpi che escono dal buio della tela. Forse anche per questo ho scelto una nicchia per persone che siano vicine, nel loro inconscio, al mio modo di vedere le cose. Infatti io con i miei clienti mi ritrovo. Mi riconosco con loro. Ci divento amico molto spesso. Perchè entriamo nelle nostre intimità condividendo questa passione artistica chiamata tatuaggio. Alla fine ho raccontato me stesso, nel tatuaggio che ti ho realizzato. Questa è la verità. Questa è la sua grande bellezza“.
Riprendendo una frase dal film l’Arte di Vincere, perchè è la cosa che più si adatta a commentare le sue parole: “Come si fa a non essere romantici con il tatuaggio”.
Gli chiedo quanto conti vincere, visto che so quanti premi ha vinto nella sua carriera.
“Si, ho vinto tanti premi e ho avuto tanti riconoscimenti, ma il risultato a cui tengo di più è stato un terzo posto a Londra. Ci sono rimasto male a non aver vinto, ma ho sempre molto rispetto di chi è stato più bravo di me e soprattutto che mi spinge a voler lottare per migliorarmi ancora e ancora e ancora.”
Laureato in architettura, con un padre antiquario e una madre insegnante, Giovanni è un’anomalia del sistema, che mostra quanto possa valere un’estrazione classica in una professione riconosciuta sempre troppo poco rispetto al valore significativo che ha nella nostra società.
Chiudo con questa frase: Mostrami i tatuaggi e ti dirò chi sei!