Devo ringraziare Mario Marozzi per avermelo fatto conoscere. È stata la prima persona che mi ha nominato parlando di talenti. Ma prima di parlare con Renzo Musumeci Greco, ci siamo scambiati un paio di email per avere più informazioni l’uno dell’altro (non che su di lui ce ne fosse bisogno). Così, dopo aver ricevuto un curriculum di 13 pagine contenenti 160 anni di storia della più importante scuola di schermidori del mondo, gli ho scritto che se voleva incutere timore reverenziale, c’era riuscito alla grande.
Ma, come quelle poche persone intelligenti che non hanno nulla da dimostrare (signori si nasce, non si diventa), Renzo ha saputo mettermi a mio agio, e in pochi minuti, mi ha trasportato nel suo mondo, fatto di schermidori, di sport, di passione, di spettacolo, di emozioni e di valori. Tant’è che l’essere stati interrotti da una chiamata di Carlo Verdone, ha reso ancora di più la nostra chiacchierata sul talento, un’esperienza più unica che rara.
Il mio talento è la capacità di creare rapporti personali in una sorta di rilevante coalizione
Parliamo di talento naturale. Inizia a parlare ed entro in una sorta di flashback spazio temporale: “Come dicono due grandi che conosco, non posso dire che siano amici, ma li conosco, che sono Renzo Arbore e Fiorello, hanno sempre detto, come me, che amano quelli che hanno il fuoco dentro. Ecco, anche un talento naturale senza il fuoco dentro, non può definirsi talento. Quello conta per il 60%, ma senza il resto, non sei nessuno.” Sul tema dei talenti sprecati, mi permetto di aggiungere quanto possa contare la presenza di una “guida”, o meglio di qualcuno in grado di indirizzarti evitando questo deprecabile spreco, e Renzo prosegue: “Il primo compito sta nelle scuole e nei bambini. Devo dire che in questo le scuole fanno un ottimo lavoro, rispetto ai miei tempi. Ma è la passione, abbinata al talento a convertirsi in valore. Avendo conosciuto tantissimi attori, ho visto quanto conta l’egocentrismo nel mondo dello spettacolo. Passione, egocentrismo e talento naturale, li ho ritrovati in Kim Rossi Stuart. Capitò, nell’Amleto che inaugurammo a Trieste al Teatro Stabile Politeama Rossetti, che durante il duello finale, probabilmente il più lungo e impegnativo della storia del teatro, si rompessero entrambe le sciabole. La capacità di Kim, abbinata alla predisposizione di Alessandro Preziosi (Laerte), resero un bellissimo duello nonostante l’imprevisto. Ma anche nel cinema, nonostante si intervenga con effetti speciale, l’allenamento può durare anche un anno per imparare una disciplina. Soprattutto per la pericolosità della scherma.”
Anche questa una costante che si ripete. Il talento senza preparazione e senza il fuoco della passione, diventa poca cosa. Perfino il talento naturale. Questo aspetto ci dimostra che l’impegno, la determinazione, la forza di volontà, abbinata ovviamente ad una predisposizione, possono sopperire a tante mancanze; addirittura a talenti non particolarmente spiccati. Successivamente a molti altri racconti e aneddoti di una vita straordinariamente affascinante, passata tra duelli mai improvvisati, ma imparati completamente a memoria, gli chiedo quale sia il suo talento. Renzo, con il suo atteggiamento serafico mi dice: “Secondo tutti gli attori, con i quali poi spesso rimaniamo amici, perchè il maestro di scherma è più di un confidente, il mio talento sta nella sensibilità di creare dei rapporti personali, che permettano di condividere una bella figura per aver imparato la mia materia in una sorta di rilevante coalizione. Mi successe al Globe Theatre di Villa Borghese, (che ricostruisce filologicamente il Globe Theatre di Londra dove il pubblico sta in piedi e gli attori recitano con la regia di Gigi Proietti), durante una stagione estiva su Shakespeare, di fare due spettacoli. Un Riccardo III e uno spettacolo nuovo che era la storia di Shakespeare e Cervantes, che erano coevi. Pare si fossero conosciuti a Messina, in Italia. Essendo due personaggi molto diversi, alla fine duellano in maniera pesante. In quell’occasione preparai due attori. Uno molto televisivo, emergente che si chiama Giuseppe Zeno e l’altro era Ruben Rigillo, che è di una famiglia di attori tanto che il padre Mariano Rigillo era in scena con lui. Rigillo aveva già fatto scherma con me, ma Giuseppe Zeno partiva da zero. Riuscirono a fare un duello spettacolare da far scattare un applauso a scena aperta che è il massimo per un attore. Quindi io sono il massimo della vita per loro. E loro per me. Questa condivisione d’intenti, crea una fiducia e un rapporto straordinario”.
Questa sua coscienza, nel riconoscere il proprio talento, e la qualità dei rapporti instaurati con i suoi allievi, mi viene confermata da un ultimo aneddoto. Mi racconta che durante una sessione di allenamento e insegnamento della scherma a Massimo Ranieri, sapendo la sua capacità di apprendimento e vista la confidenza che aveva da trent’anni, insisteva in un movimento che a Massimo non veniva. Così, ad un certo punto, Massimo Ranieri sbotta e gli urla contro: “Aooo…vieni a cantà che te faccio un culo così”. E così, Renzo conclude: “A quel punto, gli cambiai il movimento”.
Concludo questo confronto ricordando quanto l’impegno di Renzo, grazie al supporto della Fondazione Terzo Pilastro Internazionale, sia bilanciato tra lo spettacolo e una stretta collaborazione con il Centro Traumatologico Ortopedico, con il Centro Paraplegici Ostia, con la Onlus «Amici di Simone» e soprattutto con l’ Istituto Agrario Sereni. Perchè sono oltre 100 i ragazzi che si allenano, spada in pugno, sotto la direzione dei nostri Maestri, tutti con grande soddisfazione e notevoli benefici in termini di integrazione, coordinazione e mobilità. Tanto da permettere ad un loro atleta di partecipare alle Paralimpiadi di Rio nel 2016 ed ai Mondiali nel 2017.