“Sono stato uno studente ribelle. Ho avuto un’infanzia travagliata in conflitto costante con l’autorità. Sono cresciuto in un paesino molto piccolo. Mio padre Generale dell’Areonautica, mia madre Psichiatra. In un contesto del genere, mi sentivo compresso. Faticavo e venivo massacrato dai professori, fino alla bocciatura al Liceo. Ma mi diplomo. Faccio il test di ammissione alla Luiss e non mi prendono. Inizio a fare Giurisprudenza alla Sapienza ma nonostante la volontà di riuscire, in un anno non riesco a passare un esame. Così mi sono creato un metodo innovativo basato su mappe mentali che ai tempi nemmeno conoscevo e sono riuscito a laurearmi nei successivi due anni.”
“Io sono uno che si impegna. Ma se devo raggiungere una cosa e ci credo, vado diritto per la mia strada finchè non divento il migliore in quello che faccio”
Ascoltando il racconto di Davide ho percepito grande consapevolezza sia dei punti di forza che dei punti di debolezza.
Perchè ce ne sono stati. Eppure molti. Ma come lui stesso afferma durante la nostra chiacchierata, sono stati quelli che gli hanno permesso di diventare quello che è oggi: un giovane di successo. Mi racconta delle difficoltà economiche appena laureato, dei primi stage a 250,00€ al mese. Mi racconta dei suoi pranzi a scatolette di tonno e Kebab e dei suoi up and down nella costante ricerca di una gratificazione economica. Ma è quando gli chiedo quale sia il suo talento che rimango piacevolmente sorpreso.
“Io sono uno che si impegna. Ma se devo raggiungere una cosa e ci credo, vado diritto per la mia strada finchè non divento il migliore in quello che faccio. Ecco. Forse il mio talento è credere in me stesso“.
Credere in se stessi. Sembra la più grande delle banalità. Ma credere veramente in noi stessi è un talento raro che quando si manifesta in maniera cristallina, senza mezzi termini, è garanzia di successo. La sensazione con Davide infatti, è che potrebbe rinascere in qualsiasi posto del mondo, in qualsiasi condizione socio economica, raggiungendo comunque lo stesso successo raggiunto oggi. Perchè le motivazioni sono fortissime e la missione pure. Non nasconde il suo obiettivo puramente economico perchè troppo onesto con se stesso per raccontarsela, e considera il successo una vera forma di gratificazione personale.
Quando semplifico dicendo “nel posto giusto al momento giusto” mi corregge:
“Non credo sia così. Credo invece dipenda da noi farsi trovare pronti e far diventare giusto qualsiasi ambiente in cui ci troviamo”.
Chiedo se questa capacità di credere in se stesso si sia manifestata fin da piccolo.
“Ho subito tanto dai 5 ai 12 anni. Sono stato bullizzato perchè più piccolo degli altri (essendo anticipatario oltre che nato in Dicembre) e per la bellezza. Nel pulmino durante le trasferte quando giocavo a basket mi urlavano per un’ora “CAIAZZO TESTA DI CAZ**”. E non capivo. Avevo la consapevolezza di avere qualcosa in più degli altri, ma subivo sempre. I miei amici mi comprimevano, il paese dove vivevo mi comprimeva e io implodevo ogni giorno di più. Ma non ho mai mollato. Ho lottato tanto e oggi, negli ultimi due anni, mi sono realizzato. Ho finalmente raggiunto gli obiettivi che mi ero prefissato e sono felice.”
Wow. In questo momento in cui si sentono solo lamentele (le mie per prime), trovare una persona come Davide è una boccata di energia fresca. Perchè Davide parla addirittura di felicità. Quanti possono dire “sono felice”? Davide parla di autostima, parla di rispetto, di passione, di volontà e di idee chiare. Parla di metodo. Un metodo che racchiude la disciplina. Davide parla di cuore perchè parla con il cuore. Si sa che non è sempre così, che il grafico può salire e può scendere. Ma oggi è il suo momento e lui se lo gode con tutta la consapevolezza di esserselo meritato. Perchè l’amore per noi stessi, la consapevolezza delle nostre capacità e la coscienza nel sapersi valorizzare è il primo punto per non passare una vita inadeguata. Se noi per primi non crediamo in noi stessi, perchè dovrebbero farlo gli altri?
Gli chiedo quanto è stata importante la famiglia per questo processo di consolidamento della propria dimensione professionale.
“Ho lottato. È stato un processo continuo. Ma non è stata una molla. La mia famiglia c’è sempre stata e per me la famiglia è tutto. Ma mentre mia madre cercava di farmi tenere i piedi per terra limitando il mio ego nella fase adolescenziale per poi gratificarmi confermando tutto quello che io mi sentivo di essere, da mio padre, persona straordinariamente buona, non ho mai avuto soddisfazioni. Sapevo che c’era, perchè c’è sempre stato. Ma mi è mancata la classica pacca sulla spalla. Ricordo che venne alla prima partita di basket. Feci canestro, mi girai verso di lui, e lui stava leggendo un libro. Non gli parlai per tre mesi.”
Lo capisco. Capisco benissimo quanto possa contare la risposta da parte dei nostri genitori. Perfino io, alla soglia dei 50 anni, padre a mia volta, mi rendo conto di aspettare ancora una vera dimostrazione di stima da parte di mia madre (che non arriverà mai). Sappiamo tutti quanto facciano per noi e la fortuna di averli ancora al nostro fianco, ma uno sguardo di intesa e approvazione ogni 20 anni non guasterebbe a nessuno.
Ringrazio Davide perchè mi ha dimostrato che quando si riesce ad uscire dalla gabbia di regole, di imposizioni e di pregiudizi, l’unica cosa che ci resta da fare, è correre e non fermarsi più.
#talentisineveryone