#
Mi chiede di dove sono e apprezzo la sua gentilezza nel far finta di non riconoscere la mia cantilena veneta davvero difficile da mascherare. Scoperta la mia vicentinità, ricorda di aver recitato al Teatro Olimpico nel 2018 diretto da Bob Wilson (tratto da Oedipus Tyrannos di Sofocle). Mi scuso per essermi permesso di dargli del tu, motivandolo con il fatto che quando il confronto parte da un’empatica condivisione, nonostante il massimo rispetto, è un istinto confortante, e Mariano mi dice: “Se non ti fossi permesso tu, te l’avrei detto io”. Lo so che da lettori questa frase vi può sembrare poco importante, ma vi assicuro che la profondità del timbro della sua voce l’ha resa profonda e potente come del resto tutta la nostra stupenda intervista.
“Il talento è quella cosa che uno non sa di avere, ma che tende a manifestarsi in qualche modo.
A volte ne siamo contenti. A volte no.”
Parliamo del mio progetto e di quanto sia importante la sua testimonianza vista la sua carriera senza fine, e chiedo se talento e successo in qualche maniera possono viaggiare assieme.
“Non credo che sia il successo il parametro che ne determina il valore. Non credo insomma che se si ha successo vuol dire che si ha talento. Anzi, a volte è vero il contrario. Spesso ti scontri con dei personaggi che non sempre ti permettono di esprimerlo al meglio. Ma è proprio il talento che ti spinge in certe direzioni e siamo proprio noi che a volte impediamo al talento di venire fuori per una eccessiva preoccupazione.” Tema molto interessante. Il nostro io, la nostra educazione, le nostre paure effettivamente possono essere un freno a delle nostre capacità speciali alle quali non solo non diamo ascolto, ma che limitiamo della loro peculiarità. Questa repressione dei nostri istinti naturali mi fa venire in mente il giusnaturalismo (link). È come quindi se la libertà che ciascuno ha di usare il proprio potere a suo arbitrio per la conservazione della sua natura fosse limitato in una forma di incosciente maturità.
“Io ho avuto un’esperienza molto bella nella mia vita ed è stata quella di aver conosciuto Vittorio Caprioli. Eravamo al Teatro Stabile di Trieste con Peppino Patroni Griffi (link) per rappresentare il teatro nel teatro di Luigi Pirandello. È stata un’esperienza straordinaria in se e per se, ma anche una stupenda opportunità per la vicinanza con Vittorio che divenne un mio secondo padre in qualche modo. Ad un certo punto lui che faceva il capocomico, durante le prove, vedendomi corrucciato e pensieroso mi chiese quale fosse il motivo del mio stato d’animo e io lo esortai a lasciarmi stare perchè stavo pensando al personaggio. Al che lui mi disse: Ma sei scemo? Non devi fare così. In questo modo tu ti fai ossessionare dal personaggio. Ricordati che sei tu che guidi, non lui che guida te. Abbiamo scelto questo lavoro perchè ci piace, perchè ci da felicità. Non facciamolo diventare un’oppressione.
Ecco, questo mi fece pensare che in quel modo impedivo al talento di venire fuori. Una specie di compressione che non permette a noi stessi di esprimerci. Molto spesso è questo che rende i personaggi oscurati in una mancanza di spinta emotiva.”
Ascolto, respirando insegnamenti e valori che vanno oltre l’intervista. L’energia e la lucidità mentale attenta a comprendere un mondo in continua evoluzione sono alimento per l’anima, ma comprendo che l’avanzare dell’età sia un tema da dover affrontare. Così gli chiedo, sapendo di toccare un punto sensibile affrontato anche con Gianmarco Chieregato, come stia vivendo lo scorrere inesorabile del tempo.
“L’importante è quello di essere l’uomo del proprio tempo. Non puoi essere l’uomo che fu. Devi essere l’uomo del tuo tempo e l’uomo del futuro, sempre in sintonia con l’ambiente circostante. Purtroppo per noi della ‘quarta età’, causa pandemia, questo è stato tutto tempo rubato. Abbiamo ‘non vissuto’ per quasi due anni e per noi attori di teatro è stato difficile restare fermi senza lavorare. Mi viene in mente Salvo Randone (link). Fece tante cose con Gassman (link). Fecero l’Otello. Una sera Salvo faceva Iago e Vittorio Otello, la sera dopo si scambiavano i ruoli così Vittorio faceva Iago e Salvo Otello. Io andavo quasi tutte le sere per vedere questo cambio straordinario. Ecco, questo grande attore al tramonto della sua carriera era alla disperazione e pianse pubblicamente in preda all’incapacità di reagire al passare degli anni. Personalmente, a settembre chiuderò il mio 82esimo anno di vita. Fortunatamente ho ancora la forza e una memoria che mi permettono di lavorare ancora bene, ma purtroppo non per tutti è così.”
Gli chiedo se la memoria può essere un suo grande talento e se l’ha aiutato nella sua carriera.
“Tu pensa che sostituii Annibali nel ’66 a Siracusa. Lui, attore straordinario, si sentì male, e chiesero a me. Io avevo 26 anni e facendo parte del coro conoscevo tutto a memoria. Quindi si, mi ha sempre aiutato molto! Un’altra situazione dove la memoria mi permise di cavarmela, fu al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. Ricevetti una chiamata che mi diceva che stavano preparando un testo scritto, quindi non conosciuto, di Alessandro Fersen (link)e i protagonisti erano Glauco Mauri (link) e Carlo D’Angelo (link). D’Angelo si era fratturato una gamba, era in ospedale e sarebbero andati in scena due giorni dopo. Non sapevo nemmeno l’argomento. Finii per accettare. Andò molto bene, tanto che Glauco fece schierare tutti gli attori ai lati del palco lasciando me solo al centro per prendermi tutto l’applauso. Lacrime, commozione. Era il ’69. Per un giorno di prova e due giorni per studiarmi la parte, fu un altro grande successo. Diciamo che la memoria se non è un talento, è stata una mia grande alleata. Quindi, visto che ho queste due armi e il piacere di recitare ce l’ho sempre, perchè devo restare a casa fermo e non farlo? Non sarebbe dare giustizia alla mia passione. Anche perchè l’attore vorrebbe morire in palcoscenico.”
Comprendo questo pensiero, ma la sua carriera si prospetta ancora lunga e, visto la sua origine partenopea, propongo una toccatina scaramantica a chisura dell’argomento.
Voglio sapere da lui cosa direbbe ai ragazzi o un consiglio a chi vuole intraprendere questa carriera.
“Sono stato Direttore del Teatro Stabile di Napoli e ai miei allievi dicevo sempre: per prima cosa guardatevi dentro e cercate di capire se avete la passione vera per affrontare una sfida come questa. Poi imparate bene la tecnica, perchè la tecnica è fondamentale. Un attore di grande talento, ma senza tecnica, rischia di ottenere meno di un attore con poco talento ma con grande tecnica. Perchè riesce a mascherare di più i suoi limiti. Quindi anche questo è un discorso da fare. Poi dobbiamo per forza parlare di carisma. Che è qualcosa di misterioso che spesso viene associato all’estetica, alla bellezza, ma che non c’entra niente. Perchè è una fascinazione che tu dai a chi ti ascolta. E questo è forse l’espressione migliore del talento. Perchè non lo sai, fino ad un certo punto del tuo percorso. Noi attori spesso, anche nella vita, usiamo il nostro modo di essere attori. Quando ti sei conosciuto, in certe circostanze lo usi, usi le tue forme di comunicazione migliori per ottenere qualcosa. Non in maniera falsa, ma con una certa coscienza professionale”.
Conclude dicendo: “Io stesso alla mia età ho ancora una fortissima passione per il teatro come spettatore, come attore, come lettore e posso solo ribadire che non ho buttato via la mia vita. La vita che mi è stata data da vivere non l’ho buttata via.”