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Capelli neri, occhi scuri, carnagione scura. Eppure Nouha emana luce e un’energia contagiosa. Non ci credete? Allora dovreste conoscerla, conoscere la sua storia e capireste la straordinarietà della sua forza che brilla e può illuminare noi comuni mortali, lamentoni e con tante scuse sempre pronte a giustificare i nostri piccoli e grandi fallimenti.
“Un amico psicologo mi racconta che tanti dei suoi pazienti sono persone benestanti che gli dicono che hanno tutto, che non mancano di nulla, eppure non riescono ad essere felici. Hanno successo, famiglia, soldi.
E lui risponde sempre che è proprio questo il punto; che a loro non manca nulla.”
Iniziamo la nostra chiacchierata partendo proprio da questo punto. Perchè secondo Nouah la felicità si trova anche e soprattutto grazie alle mancanze.
“Non è che per forza uno deve essere il meglio di se solo quando c’è qualche mancanza, anche perchè le cose positive possono dare tanti stimoli ed essere un’opportunità di crescita. Però le difficoltà, le mancanze fanno scattare qualcosa. Io se ci penso ho vissuto una vita piena di mancanze nell’immaginario comune. Sia dal punto di vista economico, che dal punto di vista affettivo, che dal punto di vista della salute. E questo mi ha fatto capire che dovevo amare quello che avevo perchè anche chi non ha niente ha già tutto. Noi nasciamo già completi. Ed è l’impegno quotidiano che ci permette di essere felici. Non in assoluto, ma in quella ricerca costante di riconoscimento nel vedere quanto abbiamo rispetto a quello che vorremmo avere.”
Laureata alla Luis Guido Carli University (link) di Roma con 110 e lode e “menzione speciale” con una tesi che tratta il tema dell’happiness e l’IA, alla domanda se si rende conto del valore di un obiettivo raggiunto così importante mi risponde: “Per rendermene conto devo riavvolgere il nastro e tornare indietro. A 18 anni ero proiettata ad iscrivermi ad ingegneria al Politecnico di Torino, con il sogno di andarmene a studiare in Canada, negli Stati Uniti o in Inghilterra. Avevo fatto molti sacrifici vista la mia condizione familiare, cercando più possibile di sfruttare l’estate lavorando, scrivendo poesie e partecipando a concorsi di filosofia. In quel periodo, proprio per la mia vita dinamica e per la mia giovane età fui operata al cuore per un problema correttivo; e l’intervento andò male. Rimasi incosciente per molto tempo, ebbi un’infezione che mi portò ad una serie di problemi come paresi e lesione al midollo. Nonostante questo, nei pochi momenti di lucidità, avevo in mente l’esame di maturità, proiettata a completare il mio percorso. E così riuscii a fare l’esame a letto, tra i miei compagni, dettando alla bidella che gentilmente si offrì di scrivere al posto mio. Svenni circa 12 volte durante il tema di 6 ore, ma alla fine ce la feci, e fu davvero un grande risultato.”
Durante il racconto si commuove e commuove anche me. Con gli occhi lucidi e la voce tremante prosegue il suo racconto che ha dell’incredibile.
“Sono stata molto fortunata, e sono certa di essere stata assistita dall’alto, visto che sono molto credente, perchè riuscii a fare anche l’esame orale che durò addirittura 45 minuti. Nei mesi successivi passai lunghi periodi in ospedale e il mio percorso si dovette fermare per molti anni durante i quali cercai di capire cos’era successo. Perchè essendo successo in ospedale, a livello normativo, ammettere un errore era praticamente impossibile e i dottori non si fidavano di intervenire su una situazione così poco chiara. Quindi io stavo male e nessuno mi prescriveva delle cure. Vedere dei medici alzare le mani di fronte ad una persona giovane, senza prendersi la responsabilità di intervenire fu la parte più dura. Ho avuto più paura dell’ipocrisia, dell’indifferenza, che del male. L’impotenza dei miei genitori e l’indifferenza dei dottori, mi diedero la forza di affrontare la realtà che avrei dovuto studiare e autocurarmi. Così iniziai a reagire e contro il parere dei medici e vista la mia passione per lo studio, mi iscrissi all’Università. Economia, nelle Marche vicino a casa. Ero convinta di non riuscire a fare neanche un esame perchè aggiungere uno stress nelle mie condizioni era realmente rischioso. Tant’è che passai il primo semestre in ospedale. Feci il primo esame di matematica con una professoressa che non ringrazierò mai a sufficienza, perchè fu il mio primo 30 e lode. Continuai tra alti e bassi; tra la sala operatoria e il letto. Con l’aiuto di qualche mia compagna riuscii a preparare degli esami solo ascoltando, perchè non riuscivo a leggere vista l’infezione ai nervi ottici. Segretamente, senza dirlo ai professori, arrivai a preparare anche 6 esami in un unico semestre prendendo i miei 30 e lode anche su esami da 12 crediti, come microeconomia. Molti esami li feci da stesa, anche con un aula piena con 50 ragazzi. Mi sono laureata alla prima sessione disponibile. Ma a quel punto non mi bastava aver raggiunto quel traguardo inaspettato. Volevo di più. E devo dire che i docenti mi diedero tutto l’appoggio possibile e iniezioni di fiducia per non fermarmi a quel traguardo. Così decisi di fare il test per entrare alla Louis. Eravamo in 20 mila in un grande Hotel di Roma ed ebbi bisogno dell’aiuto di un’amica per leggere le domande per esempio di comprensione logico matematica sulla fissione nucleare in inglese, con lei che non lo conosceva. Insomma, quando scoprii di essere passata tra i primi, ne fui sbalordita inizialmente, e poi sopraffatta dall’ansia di dovermi organizzare mentalmente a trasferirmi in un’altra città. Trovare un’assistenza, organizzarmi con le terapie, soprattutto in una città che non è certamente a prova di disabile non fu una sfida da poco. L’aiuto di un docente della Bocconi al quale sarò grata per tutta la vita, conosciuto in altri frangenti, mi aiutò sull’aspetto economico e organizzativo fino a permettermi di partire e iniziare questa ennesima sfida che ho da poco concluso.”
Le chiedo se si rende conto della sua dimensione umana, e finalmente dopo tante lacrime, un sorriso. Ma è la risposta che è una lezione a dir poco disarmante.
“In realtà non fino in fondo. Perchè penso che sia più grazie agli altri se sono riuscita ad arrivare fino a qui. Io sono animata da un sentimento di gratitudine infinita. Si, è vero, io ho lottato, ho contattato, ho alzato la cornetta per chiamare, per chiedere aiuto, ma se non avessi ricevuto i si, non avrei potuto fare nulla di quello che ho fatto. Quindi devo dire solamente grazie a tante persone, soprattutto al docente che ha investito una cifra economica importante per permettermi questo traguardo. Anch’io ho investito tanto economicamente. Infatti il superfluo non lo conosco. Ma non mi interessa, perchè ho avuto davvero tanto. Si, ho le mie terapie quotidiane, ma ho tanta voglia di riscatto per poter dare agli altri almeno un quinto di quello che ho ricevuto. Per primo a mia madre che per me è un idolo assoluto. Non sarò mai alla sua altezza. Perchè lei ha reagito alla sua malattia e ad una situazione incredibilmente drammatica con l’idea fissa di dovermi crescere. È stata una roccia. Anche da questa esperienza ho capito che tante persone soffrono in silenzio e nessuno sa quello che stanno passando. Scalano l’Everest ogni giorno a mani nude e mia madre, per me, l’ha fatto mille volte”.
Le chiedo se pensa che la vita sia un’equazione uguale a zero, cioè che tanto ti dà quanto ti toglie.
“Ho vissuto l’assurdo di non trovare qualcuno disposto a curarmi. Ho perso tanti amici, tanti si sono allontanati. Ma la fiducia nel mondo rimane. Io amavo correre, facevo atletica. Trovarsi nella condizione di non poter più camminare è davvero pesante. Ma la vita ti toglie tanto per darti tanto altro. Non voglio essere ottimista per forza, ma credo che la vita sia un’equazione positiva. Ho visto persone soffrire più di me e capita che questo incattivisca facendoci sentire in credito con la vita. E li capisco. Ma personalmente la vita mi ha dato tanto. E non penso che sia la mia influenza. Penso siano i passi giusti che ci conducono in un percorso magico, fatto di fatalità e opportunità che possono cambiare le nostre vite. Quindi è più come agiamo che quello che siamo. Perchè certe persone sono straordinarie senza il mio condizionamento. Ogni persone positiva fa come centomila persone negative.“
Si. Il suo talento è prendere tutto dalla vita. La capacità di assaporare ogni momento, di non perdersi nel senno di poi, di ricordarsi delle persone che l’hanno aiutata scordandosi di chi l’ha allontanata. La forza di parlare di fiducia sul tema vaccini, nonostante l’esperienza paradossale di chi l’ha abbandonata a se stessa invece di curarla. La prospettiva di ringraziare gli altri, senza esaltarsi per i traguardi raggiunti. La sua straordinarietà non è data dalla sua condizione. Lei è stupenda di suo. E questo, al suo cospetto, fa sentire piccoli piccoli. Mi vergogno di essere quello che sono. Perchè è così che vorrei essere. Come questa ragazza che fa sembrare speciale ogni istante passato con lei.
Conclude così.
“Con gli anni ho capito che le cose possono andare in un certo modo…. e va bene così.”