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Rudy Bandiera: il talento una fortuna, il lavoro un valore

by by Davide Librellotto_Editor Anna Pietribiasi
23 Novembre 2021
Share on Facebookhttps://www.linkedin.com/in/davide-librellotto-a0ab327b/?originalSubdomain=it

#

Ebbi l’opportunità di ascoltare Rudy durante un evento e mi colpì il suo modo diretto e concreto di affrontare i temi che trattava. Alla fine del suo speech ci facemmo dei commenti sui rispettivi tatuaggi. E se come dice Giovanni Speranza il tatuaggio è una forma di comunicazione, Rudy è un video gioco vivente. Non solo perchè sono una sua grande passione fino al punto di tatuarsi i loghi di Destiny, Quake III Arena e Gears of War, ma perchè probabilmente il non prendersi troppo sul serio, il vivere tra fantasia e concretezza sono diventate le sue più sentite dimensioni nelle quali ha trovato il suo perfetto equilibrio.
Gli chiedo qual’è il suo talento:

“Io ho diversi talenti. Nessuno di straordinario, ma che insieme diventano una forza. Sono in grado di parlare ininterrottamente su qualsiasi argomento a tempo indefinito senza sbagliare una parola. Uno può dire: “che ca**o di talento è?”. E io rispondo: “che ci provi qualcun altro”.”

Continua: “A parte gli scherzi. Riesco ad infilare concetti lineari, uno dietro l’altro senza sbagliare un termine. Sono anche molto empatico riconoscendo così fino a dove potermi spingere e quando dovermi frenare. Questa sensibilità mischiata a quella di saper creare contenuti, mi rende di fatto un divulgatore. Riesco praticamente, guardandomi attorno, ad identificare dei trend nel settore digitale e tecnologico che possono essere utili alle persone e alle aziende.”
Parte così Rudy. Occhi buoni, energia positiva e tanta gestualità come da buona tradizione italiana.
Gli chiedo se si sente un vincente o un perdente e se la vita lo abbia o meno messo alla prova.
“Questa è una bella domanda”, e strofinandosi la testa come se si sfregasse le mani felice di essere messo alla prova su un tema che lo interessa continua: “In quasi tutto il mondo il successo viene identificato con il denaro. Per me questa è una ca***ta colossale. Ma non lo dico per fare l’asceta. I soldi possono dare la libertà. Non ai livelli di Jeff Bezos, ma anche ad un livello normale. Quindi non è che aumentando la ricchezza per forza aumenta il grado di felicità. Bisogna identificare altri canoni di successo. Per me uno è questo: lavorare il meno possibile facendo quello che ci piace fare di più. Ed è una figata. Io non faccio parte di quelli che si vantano nel stare in ufficio fino a tardi. Io mi vanto se faccio mezza giornata e mi tengo il resto del tempo per coltivare le altre passioni. Ma per arrivare ad avere un lavoro ad altissimo valore aggiunto ho dovuto lottare“.

Condivido la sua filosofia di vita e gli chiedo cosa intende per “ho dovuto lottare”.
“Ho lavorato dieci anni in fonderia d’alluminio come operaio facendo i turni. Notti, pomeriggi, mattine, sabati e domeniche. Guadagnavo bene, avevo la mia libertà nel dopo lavoro, mi sono comprato la casa, la macchina. Poi, finito di appagarmi attraverso cose, ho pensato di non essere nel posto giusto, di essere fuori contesto, di volere di più. Ma lavoravo in fonderia e facendo anche il commerciale di stampanti Xerox e il tecnico informatico in un negozio, non era facile avere la lucidità di fermarsi e decidere di cambiare la propria vita. Quindi piano piano, in un percorso lento ma costante, è iniziata la mia mutazione umana e professionale. Ma se in quel periodo non avessi fatto esperimenti, tentativi, prove, non sarei mai riuscito ad arrivare dove sono. Se avessi dovuto aspettare il lavoro dei sogni, l’occasione della vita, sarei ancora in fonderia ad aspettare. Nel periodo di cambiamento ho fatto di tutto, dal facchino, all’autotrasportatore, al lattoniere, al magazziniere. Nel mentre ho aperto il mio blog con il quale potevo esprimere le mie competenze e mostrare il mio talento. Stiamo parlando del periodo che va dal 2005 al 2007. Ed è in quel momento che ebbi l’opportunità di lavorare per un’azienda di Rovigo e di gestire un network di blog. Fu il titolare Massimo Boraso che non smetterò mai di ringraziare, che mi permise di far partire la mia nuova carriera professionale. Fu da quel momento che riuscii a diventare quello che sono oggi.”

Questa è l’idea che mi sono sempre fatto anch’io, parlando di successo. La capacità di crearsi il proprio destino. Molte volte la strada più facile non è la strada che fa per noi. Troppe volte non abbiamo il coraggio, la lucidità di alzare la mano e dire al mondo: “Scusate, ma se non è un problema io me ne andrei per un’altra strada”. Personalmente sono stato vittima dello stesso imbuto cosmico (come diceva una mia cara amica scrittrice) che la vita ci riserva. Per un sacco di tempo sono stato fuori posto e fuori contesto. Fino all’arrivo della Pandemia. Come si diceva con Rudy, probabilmente l’opportunità straordinaria (nella sua drammaticità) di un fine primo tempo. Probabilmente l’opportunità di accendere le luci, di guardarsi attorno riprendendo coscienza di dove siamo, di cosa abbiamo fatto fino a quel momento e di cosa vogliamo per il futuro. Molto probabilmente la possibilità che Rudy descrive perfettamente raccontando la sua storia; la lucidità di volersi sentire a proprio agio con noi stessi in un equilibrio tra tempo, professione, soldi, libertà e affetti.

“Il talento è una fortuna. Il lavoro è un valore. Io non sono uno di quelli che dice “SE VUOI PUOI”. Il motivatore anni ’80 anche no. Quello che posso dire è che per arrivare dove vuoi arrivare ti devi fare un c**o così, e poi forse, ma forse, puoi ottenere un risultato. C’è una canzone di Caparezza che parla di troppi Re e pochi Fanti. Tutti leader. Sono ca**te queste qua. L’importante non è essere leader, ma avere il coraggio di cambiare per andare verso un futuro più roseo, con la consapevolezza di poter anche fallire. Fallire non è figo. Però è da mettere in preventivo. Io non sono di quelli che esaltano il concetto del fallimento. Fallire è pesante. Fallire è brutto e se si può arrivare al successo senza troppe cicatrici ben venga. Ma può succedere e se uno impara dai propri fallimenti può anche ricavarne dei vantaggi. Ma l’unico modo per individuare i proprio talenti, è quello di provare a fare tante cose. È una fatica fottuta, perchè quando parti a fare qualcosa fai schifo a fare quella cosa. Ed è un lavoro su se stessi impegnativo e senza sconti. Ma vale la pena provarci.”
Una bella storia Rudy. Una gran bella storia.

CONDIVIDE ET IMPERA (reloaded): convinci con il cervello, persuadi con il cuore e influenza per come sei.

 

#talentisineveryone

 

Tags: blogCondivide et imperacoraggioDavide LibrellottodigitaleMassimo BorasoRudy Bandieratalent is in everyonetecnologiavalori
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